LUCE DIFFUSA

I telai che potete osservare sono stati fatti da me. Preparo ed assemblo questi diffusori a seconda dell’esigenza e del set su cui devo lavorare.

In questo caso, i diffusori che ho utilizzato sono stati molti anche in virtù del fatto che mi era stata chiesta una luce diffusa, avvolgente e uguale, sia sulla modella che sullo sfondo.

Ho lavorato ad alto wattaggio per soddisfare le richieste del fotografo: ASA 400, diaframma 5, esposizione 1/125”. Ma il lavoro grosso lo hanno fatto i diffusori.

Più specificamente, per illuminare lo sfondo di questo shooting ho usato il 481 half atlantic frost. Ho scelto un diffusore con minor capacità di diffusione (altrimenti detto: a metà dosaggio) perché lo sfondo, che era di color crema chiaro, poteva secondo me ricevere un quantità di luce più forte di quello che solitamente si dà sul bianco. Inoltre si trattava di una superficie piana e non c’era pericolo di generare ombre.

Il diffusore 432 light grid cloth è stato invece piazzato per illuminare lateralmete la modella. Anch’esso è inteso “light” nel senso di una minore capacità di diffusione. Ma non quanto il 481. Il che significa che le ombre che esso genera sono meno visibili.

A quarantacinque gradi rispetto alla modella sono stati invece piazzati due 216 white diffusion. Non volendo generare ombre, il 216, con la sua alta capacità di diffusione, le rende praticamente invisibili. A quarantacinque gradi, infatti, la luce tende a proiettare sulle guance della modella l’ombra dei capelli.

Tutto il discorso naturalmente funziona quando si parla di piazzare a debita distanza il telaio dalla sua fonte di luce. In questo caso la distanza era intorno agli ottanta centimetri.
Le luci da me usate erano ad incandescenza e di due tipi: quelle attorno alla modella sono tutte a lente fresnel con potenze che variavano da 1000w a 2000w (i 2000w sono quelli a 45 gradi sulla modella).

Le altre luci sono quarze openface da 1000w con chimera a diffusione 216. Ho usato un’openface con la giraffa per illuminare la parte alta del limbo e un’altra per illuminare frontalmente, ma in modo molto leggero, il volto della modella.

Negli occhi della modella ci sono tre brillìi, essi sono dati da tre sorgenti di luce: quella in alto appesa (openface) e le due laterali. Effetto naturalmente da me voluto e da me ottenuto.

Il mio compito è stato quello di ammorbidire le ombre sul volto e gli abiti, fino quasi a cancellarle. Da notare le praticamente inesistenti ombre sul pavimento, che è sempre la zona di maggior “pericolo”.

Lo shooting fotografico è stato fatto a Cattolica, presso la Aesse Project. Lo stilista è Antonio Croce e il fotografo è Simone Manzo.